“Gli indiani Pueblo mi dissero che tutti gli americani sono pazzi. Naturalmente ne fui stupito e chiesi perché. Risposero: «Bè, dicono che pensano con la testa. Nessun uomo sano di mente pensa con la testa…» ”.

C. G. Jung

Ho individuato che esistono sostanzialmente due sentimenti: l’amore e la paura, ed esistono due emozioni primarie a sostenere tutte le altre: il dolore e il piacere.

Nella vita si agisce, a volte alternativamente, sotto la spinta di uno dei due sentimenti muovendosi verso il piacere, o il minor dolore possibile. Le sensazioni che associamo alle nostre esperienze tracciano un solco profondo nella nostra anima e in esso scivola il nostro passo che delinea, quotidianamente, un vero e proprio percorso. Tendiamo a ripetere schemi e tragitti conosciuti non per cocciutaggine, ma per eccesso di zelo e cura, recitando un copione che abbiamo acquisito nell’infanzia. Ripetiamo sempre la stessa strada per muoverci da una situazione all’altra perché è l’unica strada che conosciamo, oppure la più facile, anche se paradossalmente mai la più breve o la più semplice. Solo il protrarsi e il ripetersi dei dolori e dei dispiaceri, il passare da un errore all’altro, e l’aver conosciuto in essi il comune denominatore dell’abitudine ad agire sempre allo stesso modo, riescono a spingerci a rompere lo schema.

Con l’arrivo della consapevolezza come per incanto si innesca una sorta di rifiuto a ripetere, e per la legge del rigetto consapevole anche uno solo degli elementi soliti viene individuato e ripudiato. Ecco giungere dal nulla nuove possibilità, vie di fuga, alternative, prospettive. Solo l’esperire e l’esperire sofferto ci insegna a trovare strade nuove e ci salva dal reiterare perpetuo e ciclico che, come per ovvia conseguenza, segue la nostra vita come un genitore troppo apprensivo.

Ma mi rendo conto che non sia facile.

Per cambiare occorre fare un grande atto di fede. Bisogna credere e volere cambiare. Bisogna averne abbastanza. Un salto nel buio, fatto anche solo una volta, spinti dalla curiosità o dalla disperazione, può innescare un nuovo modus vivendi.

Tratto dal mio romanzo MADAGASCAR Un viaggio per liberare due cuori, Pag 116-117:

“Credo che la mia partenza abbia rappresentato il salto che intendo. La paura di scappare, perché ero consapevole che si trattasse di una fuga, è stata vinta per un solo istante dal desiderio di operare un cambiamento. Di fare qualcosa, qualunque cosa pur di non morire.

Lasciare la mia casa, la mia vita le mie abitudini, il crogiuolo del mio rassicurante dolore, che ogni mattino al risveglio mi trovavo addosso come una seconda pelle, è stato un gesto coraggioso imprudente e disperato. Ho voluto sfidare me stesso; ero quasi certo che non ce l’avrei fatta. Ma non ce l’avrei fatta nemmeno a continuare come prima.

Forse bisogna davvero arrivare a toccare gli abissi per riemergere. Benedico l’attimo che mi ha fatto scivolare verso il fondo. Ho la certezza che sia stata l’unica via percorribile per uscire da un labirinto che mi vedeva perso da troppo tempo.”

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CATERINA CIVALLERO Consulente alimentare, facilitatrice in Psicogenealogia junghiana, scrittrice

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