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dal libro intitolato Doppi per essere unici

il nuovo libro di Caterina Civallero e Maria Luisa Rossi

Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde è uno dei primi shilling shocker della fine dell’Ottocento: tre giorni per scriverlo, poi bruciarlo e altri tre giorni per riscriverlo nuovamente; pubblicato nel 1886, divenne una pietra miliare della letteratura popolare vittoriana che ispirò anche notevoli pellicole cinematografiche una fra le quali vinse

il premio Oscar nel 1932 nel settore horror (l’attore Fredrich March fu premiato per l’occasione).

Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha desiderato di essere, o ha tentato di imitare, qualcun altro, ed è curioso notare che Hyde deriva dalla parola inglese to hide, che significa nascondere.

Questo lo sapeva bene Robert Louis Stevenson (13 novembre 1850 – 3 dicembre 1894) quando a 36 anni scrive il suo famoso long seller dell’anima che in anticipo sul pensiero di Freud affronta l’argomento della lacerazione del sé. Frutto di un incubo notturno e di una serie di intuizioni, come fu per Mary Shelley in Frankenstein , e per Horace Walpole in The Castle of Otranto, e Bram Stoker in Dracula, l’opera di Stevenson ci mostra un lato della nostra personalità che trova il coraggio di uscire dall’ombra.

Jeckyll e Hyde sono i poli opposti di un’unica personalità altalenante, che oscilla tra Es e Super Io. Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde racconta l’eterna lotta fra giusto e sbagliato, fra morale e immorale, fra bene e male, uno scontro che alla fine terminerà con il trionfo dell’infelicità sulla coerenza, portando il Dottor Jekyll alla morte per suicidio, gesto alchemico estremo che viene portato in scena come unico vero giudice alla disputa. Il romanzo esprime il tema del doppio, che qui tratteremo dal punto di vista gemellare.

“Perché siamo e saremo sempre divisi a metà?

In qualche modo Jekyll pensa che sia possibile separarsi dall’Ombra. Ma questo è impossibile. Perché?”. Queste domande sono state poste allo psicanalista Massimo Recalcati da La Repubblica il 12 novembre 2018 che di seguito risponde così: “L’ombra non è necessariamente il male. Il vero male – e di questo Jekyll non si rende conto – è pensare che l’ombra sia il male. Pensare che l’Io sia il bene e l’ombra il male è un modo per rendere criminogeno l’inconscio. È un modo di pensare male. Non a caso l’indicazione di Freud era quella di provare a concepire la vita psichica sana come una sorta di parlamento democratico dove le istanze che compongono la personalità psichica (Es, Io, Super-io) potessero prendere la parola con eguali diritti. Il problema sorge quando una delle tre istanze prevarica le altre annullando il pluralismo di cui vive lo psichico o quando – per usare un’altra nota metafora freudiana- i confini che differenziano i territori delle nostre diverse province psichiche si trasformano in mura, in cementi armanti, in fili spinati, si irrigidiscono anziché consentire il transito dall’una all’altra”.

Precisiamo infatti che nel 1923 Sigmund Freud

nell’opera “L’Io e l’Es” ipotizzò una teoria psicologica accettata largamente dai suoi colleghi contemporanei. Egli divideva lo spirito in tre parti: l’Io, il super Io, la coscienza. Freud, nel testo dal titolo Introduzione alla psicanalisi afferma che: “Spinto dall’Es, stretto dal super Io, respinto dalla realtà, l’Io lotta per venire a capo del suo compito economico di stabilire l’armonia tra le forze e gli impulsi che agiscono in lui e su di lui”.

Anacronisticamente, rispetto al noto neurologo psicologo filosofo Sigmund Freud, riconosciuto come il Padre della psicoanalisi, Stevenson aveva già intuito la dualità della psiche umana e il conflitto interiore, che ne consegue, creando così il Dr. Jekyll (il super Io freudiano) e Mr. Hyde (l’es per eccellenza).

Per Stevenson, il vittoriano mostro Hyde è narrato come una parte di sé, come una componente imprescindibile e inscindibile del proprio mondo interiore. (continua…)

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