Il crossdressing, termine anglofono, è rappresentato dalla necessità di indossare abiti opposti a quelli associati al proprio genere; anche se lo stereotipo di vestirsi secondo canoni precisi ha rotto gli argini da tempo, viene comunque giudicato particolare il bisogno di indossare biancheria intima in pizzo se si è maschi, così come bizzarra è la modalità secondo cui una donna debba indossare giacca, cravatta, barba e baffi, per sentirsi uomo. Il crossdressing trascende l’orientamento sessuale, pertanto è di difficile collocazione quando si cerca di definire il comportamento annesso, o quando i terapeuti vogliono descrivere e catalogare il soggetto che ne fa uso.

Molti professionisti lo collocano nell’elenco delle parafilie, al pari delle fantasie o dei comportamenti reiterati, intensi, sessualmente eccitanti, che di solito coinvolgono oggetti, persone, oppure quando si usa l’umiliazione di sé stessi o del partner. Ma il crossdressing è innocuo e benché possa essere considerato bizzarro coinvolge in prima persona il soggetto che ne soffre o che lo utilizza per sentirsi meglio.

Per introdurci all’esplorazione di questo comportamento prenderò a prestito il ruolo di Drusilla Foer che molti conoscono e apprezzano per le sue performance. L’attore, regista teatrale e conduttore televisivo italiano Gianluca Gori, che si cala nei suoi panni, è riuscito a creare un personaggio straordinario, raffinato e gradevole, intuitivo e plateale, ma sempre molto elegante e acuto. Il suo alter ego Drusilla, infatti, ha un’età indefinita compresa fra i quaranta e i settant’anni a seconda delle volte, mentre Gori è del mio stesso anno di nascita (1967). Nei panni di Drusilla, Gori pratica il gender bending, si trasforma, e amplificando i suoi preziosi talenti, si comporta proprio come una donna: «Sono stato molto amato, oggi non soffro più il pregiudizio» scrive su FanPage. «A un certo punto la gente ha cominciato ad ascoltarmi e da allora mi sono preso questa responsabilità. Non ho più sentito il pregiudizio, non ne ho più sofferto. Ho amato molto e sono stato molto amato» e aggiunge «Ne parlo al maschile perché preferisco riferirmi al soggetto dell’amore. Se si parla d’amore, non posso dire troppe ca***te. Ho ricevuto tanto, più di quanto ho dato. Sono stato raramente un soggetto innamorato, io le farfalle le digerisco quasi subito!».

Personaggi come Gori che scivola nel ruolo di Drusilla per poterci mostrare tutti i suoi volti, possono essere paragonati a numerosi artisti con ruoli di primo piano, come Grace Jones, Annie Lennox, David Bowie, Boy George, Tilda Swinton o i protagonisti di Rocky Horror Picture Show. Nel territorio del crossdressing, o travestitismo, fa la sua comparsa un altro vocabolo: queer, che viene usato generalmente da una persona della comunità LGBTQ+ che non vuole dare un nome alla propria identità di genere e/o al proprio orientamento sessuale (ad esempio, se ci si sta interrogando sulla stessa), o più semplicemente non vuole precisarla, ma che non è cisgender e/o etero. Queer è un termine che tradizionalmente nel XIX secolo significava eccentrico, insolito, bizzarro, strambo.

Parlando di cinematografia possiamo citare Fa Mulan, una giovane ragazza cinese protagonista del film Disney, che, per evitare al padre zoppo e anziano di arruolarsi in guerra andando incontro a morte sicura, si traveste da uomo e lo sostituisce; il film Victor Victoria, interpretato da Julie Andrews, che racconta di una soprano in difficoltà economiche che accetta di recitare en travesti per un cabaret parigino. Grazie alla sua estensione vocale riuscirà a convincere tutti di essere “un uomo che finge di essere una donna” e diventare l’idolo della città. Notevole, inoltre, il contributo di Cate Blanchett che ha interpretato Bob Dylan nel film Io non sono qui mantenendo il suo ruolo iconico femminile ed entrando nelle grazie del cantante, che prima di allora aveva rifiutato gli altri tentativi biografici rivolti al grande schermo.

Ricordiamo che nell’Odissea, Atena spesso agisce vestita con abiti tradizionalmente maschili; infatti, la dea viene rappresentata sempre vestita con peplo e spesso armata, attorniata dai suoi simboli sacri: la civetta Athene noctua, l’elmo, la lancia, lo scudo e l’Egida, il suo mantello sacro. La storia racconta che uno dei papi fosse in realtà una donna, la papessa Giovanna, che per molti resta una leggenda medievale che, guarda caso, è sopravvissuta fino a noi e che regnò dall’855 all’857 con il nome di Papa Giovanni VIII.

Giovanna D’Arco, famosa per aver guidato l’esercito francese contro quello inglese, portando questi ultimi alla sconfitta nella Guerra dei cent’anni grazie alle sue capacità militari superiori a quelle di vari generali: anch’essa indossava abiti maschili e combatteva. Potrei andare avanti all’infinito ma occorre, a questo punto, tirare le fila: il crossdressing esiste da sempre, e come accade a Paperino che indossando la maschera riesce a trasformarsi in Paperinik, la persona che ne è coinvolta riesce a rinforzare la propria personalità proprio per via degli indumenti indossati.

La modalità di usare un catalizzatore per amplificare i propri talenti, o per accedere alla parte in ombra, quella forte, del proprio carattere, è peraltro molto utilizzata dai personaggi di Walt Disney.

Il vestito che ci rappresenta diventa quindi strategicamente scudo e antenna: ci avviluppa proteggendoci e assorbe l’energia del campo circostante, anche definito campo morfico, potenziandoci.

Chi perde potere, invece, quando siamo nel territorio del crossdressing, è la famiglia, o il partner, che assiste alle nostre metamorfosi. Non è semplice, va ammesso, accogliere e accettare le apparenti bizzarrie di un uomo che decide di uscire con la gonna e i tacchi o le culotte di pizzo, così come risulta complesso digerire che una donna debba ostinatamente abbigliarsi da uomo aggiungendo barba e baffi posticci per avvalorare il ruolo interpretato. Un genitore che deve fare i conti con un figlio che mostra queste esigenze si trova sicuramente in difficoltà, così come è accaduto a Rose e Joseph Millot, i genitori di Amélie, la protagonista del mio nuovo romanzo Quando piove sui fiori.

Amélie soffre di crossdressing, ma sarebbe meglio dire usa il crossdressing, sceglie di usarlo. La sua personalità, che nell’infanzia si è frammentata per via di un evento preciso, può essere recuperata solo attraverso l’atto di vestirsi da uomo. In panni maschili Amélie riesce a ritrovare le parti in cui si è scomposta la sua personalità e riesce finalmente a sentirsi integrata. Il crossdressing, anche nel suo caso, è uno strumento per sentirsi intera e fino al momento in cui le viene negata la possibilità di poterlo adoperare per sentirsi viva, il bisogno che ne ha non fa che aumentare.

Il giudizio, il rifiuto, l’opposizione che la famiglia le mostra, amplificano questa sua necessità. Attraverso un viaggio speso nei mari del Nord, grazie alla lettura di un libro che porterà con sé, Amélie troverà il filo per potersi pacificare con i suoi cari che sono ancora impreparati di fronte alle sue stranezze. Il viaggio diventa anche metaforico, perché accade qualcosa durante la lettura: Amélie si specchia in una storia avvenuta circa ottant’anni prima e comprende che il vero senso della vita è l’amore: ma come raggiungerlo? Questo è il segreto che potrai scoprire leggendo Quando piove sui fiori, un romanzo capace di cambiare il modo di vedere le cose.

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Il libro

CATERINA CIVALLERO

Scrittrice, consulente nutrizionale e psicogenealogia

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