Da anni sono impegnata nello studio della Sindrome del Gemello per molti conosciuta con il termine Vanishing Twin Syndrome (VTS) e tengo a precisare che l’articolo in oggetto è scevro dell’aspetto poetico del concetto amoroso solo per consentire, temporaneamente, un’analisi logica e pratica dei meccanismi che la accompagnano. Credo fortemente nell’aspetto psicobiologico delle funzioni che sostengono ogni storia d’amore e protendo ad analizzarle solo a storia in atto, o conclusa, per non precludere l’aspetto romantico che merita sempre di potersi esprimere liberamente.

Le ragioni che ci avvicinano all’altro, all’amato, sono sempre rocambolesche e straordinariamente uniche; osservando il tema amore e innamoramento in chiave gemellare tendo a “leggere” la relazione amorosa come un libro scritto a quattro mani la cui colonna sonora è diretta da un maestro invisibile che potremmo chiamare destino, una figura allegorica o simbolica che conosce perfettamente quali corde muovere per solleticare l’animo degli amanti coinvolti. Io ti vedo e mi innamoro, cado in te e tu in me, questo accade quando l’amore è ricambiato. Ti bacio, ti mangio, mi nutro attraverso la tua bocca, la pelle, entro in te passando dai tuoi pori, ti respiro, e vivo: riconosco che senza di te non è vita, queste sono le affermazioni più comuni quando mi rendo conto della differenza fra essere solo, sufficiente a me stesso, o avere necessità dell’altro per accedere a quelle mie parti che sopiscono e che periodicamente necessitano di comunicare e mostrarsi. L’amore è una necessità biologica dal sapore evolutivo, contiene un’esperienza unica altamente ricostituente ma quando esasperata offre le sue potenzialità distruttive: ecco cosa accade quando mi libero dalle catene della solitudine, a cui resto fedelmente legato dal vivere del tempo, e scappo da me per raggiungere un amore gemellare strutturato sulla compensazione e la fusionalità. Non importa chi io sia quando mi muovo per amare incondizionatamente: quando accade interpello inconsapevolmente le leggi naturali che mi hanno posto in matrice duale (qui do per scontato che sia noto al lettore che il concepimento in utero avvenga in forma gemellare per il 98% dei casi e che di norma si nasce soli. Maggiori dettagli sui libri Il mio gemello mai nato, Modalità gemellare e Doppi per essere unici – di Caterina Civallero e Maria Luisa Rossi -, su Il Giardino dei libri e su Amazon in formato cartaceo e e-book).

Pertanto più mi sono rinchiuso, o sono rimasto isolato nella mia prigione emotiva individuale, tanto più violenta sarà la mia liberazione. Scapperò a gambe levate dall’esilio in cui ero fermo a riposare, o dal quale mai mi ero destato e, non importa quale sia la mia età, risponderò alla stagione dell’amore come fanno le gemme delle piante in primavera. Il cuore ha un’anima capricciosa e solo dentro ai grandi tentativi di disobbedire all’ordine delle cose risiede il vero stimolo che ci porta a sperimentare. Amare e vivere sono la stessa cosa. Che sia il primo amore che sto vivendo da adolescente o la decima volta che amo da adulto mi incontrerò sempre, e comunque, con la radice prima di un amore speculare che ho vissuto e memorizzato nelle cellule. Amo e rispondo a un imprinting, inconsapevolmente.

Amare l’altro è quindi una delle strade percorribili per giungere ad amare se stessi. Manifestare all’esterno di noi stessi la carica erotica e amorosa che vibra nel nostro essere giustifica a pieno le energie spese per incontrare quella che definiamo l’anima gemella, per l’appunto. Essa si mostra a noi attraverso l’altro che funge da specchio e subito viene riconosciuta: è come agire sull’innesco di una bomba o inserire il codice alfanumerico per eseguire un login. In un click l’anima vibra alla ricerca di un completamento energetico e l’altro ci offre la chiave di volta. Solo quando a incontrarsi sono amanti consapevoli e integrati la relazione diviene duratura e si amplifica, spesso si assiste a un’esplosione dei sensi che folgora come unica conseguenza, gli amanti stessi, lasciando ustioni animiche profonde.

Amare con armonia richiede conoscenza e consapevolezza.

GEMELLARITÀ E ANIMALI DOMESTICI

“Carissime Caterina e Maria Luisa, mi chiamo Luisa Bianchi, non so da dove cominciare questa lettera; perciò, inizierò con il ringraziarvi con tutto il cuore per quello che avete fatto per me attraverso il vostro libro “Il mio gemello mai nato”. Penso sia stato il tassello mancante alla ricostruzione del mosaico che mi ha portato a incontrare il mio gemello. Gemello a cui, ora, penso con infinita tenerezza e profonda gratitudine provando, nel mio intimo, una bellissima sensazione di gioia e di pace. Avrei un mare di esperienze fatte durante l’arco della mia vita (e continuano ad arrivarne altre) da raccontarvi che, rilette sotto questa nuova luce, illuminano davvero il cammino fatto finora, ma mi è impossibile condensarle in una mail-fiume… Vi chiedo solamente di voler rispondere a questa mia domanda: può il mio cagnolino amatissimo (che se n’è andato il 19 ottobre scorso) aver rappresentato il sostituto del mio gemello? Io mi sono già risposta di sì, senza ombra di dubbio, ma vorrei  poter avere anche conferma da parte vostra.

A mio avviso, è stato il momento della sua morte a riportarmi a quella del mio gemello, anche se allora, non ne ero ancora consapevole. Poi, con il passare dei mesi, una sensazione di gioia inspiegabile ha cominciato a insinuarsi in me e, in seguito, il desiderio di capire di più riguardo all’argomento della sindrome del gemello superstite, ascoltata durante una trasmissione televisiva di quasi due anni fa, che mi aveva colpito facendomi sospettare di appartenere a quella ‘categoria’ di persone. Cercando in internet ho trovato, tra altri, il titolo del vostro libro; l’ho acquistato con la convinzione che in esso avrei trovato la soluzione e così è avvenuto. Sperando di non essere troppo invadente, ho pensato di inviarvi l’ultima poesia che gli ho dedicato perché possiate darmi una risposta.

Ringraziandovi di cuore nuovamente, mi accomiato da voi con grande rispetto e riconoscenza.”

  «Tra il melograno e il pruno riposi nell’azzurro di quel mattino chiaro e tiepido d’autunno. Con sguardo mite, ancor fissavi l’infinito, ancor troppe carezze destava quel musetto… Come potrò lasciarti fuggir dai miei pensieri? Come saprò più viver pensando al nostro ieri? Insegnami a scordare il volto del passato, convincimi a sognare che non t’ho mai incontrato, una follia soltanto sconfiggerebbe il pianto».

 Luisa Bianchi

E ancora in seguito ci scrive: “Buongiorno Caterina e Maria Luisa ho letto la risposta che mi avete inviato molto volentieri, e ‘tranquillamente’ volevo farvi partecipe di una riflessione che ho fatto questa notte mentre non riuscivo a riprendere sonno: in questi mesi ho sempre pensato che la situazione dopo l’uscita di scena di Red fosse ritornata al punto di partenza, cioè il calore e la vicinanza che lui mi aveva dato non erano mai esistiti prima ed erano svaniti con lui, ma ho capito che mi sbagliavo perché quello che lui mi ha dato, ed è davvero tanto, è rimasto dentro me chiuso come un tesoro che posso rievocare ogni volta che ne sento il desiderio, inoltre quell’esserino minuscolo mi ha regalato il mio gemello; quindi, mi ha arricchita con ‘cose’ preziose che ormai fanno parte di me. Gli altri non sono cambiati ma sono cambiata io! E questo significa aver fatto un passo in avanti sul mio percorso di crescita. Con gratitudine.

Luisa Bianchi

Il rapporto fra noi e l’animale domestico, normalmente il cane e il gatto, ma abbiamo testimonianze che ci riportano storie fantastiche fra uomo e cavallo, pappagalli, merli e uccellini in genere, colombi viaggiatori, pesci, scimmie, rettili, caprette, si sviluppa su melodie scritte per corde speciali. Laddove la comunicazione fra parigradi risulta, o è risultata complessa o inesistente, ecco giungere in aiuto i nostri amici animali, con i quali è possibile instaurare veri e propri rapporti gemellari. Spesso si dice che cane e padrone finiscono con il somigliarsi, ma occorrerebbe comprendere che già a monte, prima ancora di scegliersi come amici inseparabili, esiste la necessità di costruire un legame speculare, simile in ogni più piccolo particolare. Anche le persone che talvolta hanno difficoltà nella gestione del rapporto con altri esseri umani si trovano facilitati nel gestire le dinamiche amicali che si sviluppano attraverso il proprio animale di fiducia. ‘Il cane è il miglior amico dell’uomo” è a tutti gli effetti una fra le più veritiere affermazioni che sia possibile citare. Il cane instaura con il suo padrone un rapporto unico e speciale, insostituibile e indissolubile.

“I cani sono i maghi dell’universo. Basta la loro presenza per trasformare in persone sorridenti quelle arcigne, in persone meno tristi quelle che erano tristi: sono generatori di rapporto” così afferma Clarissa Pinkola Estés nel suo famoso libro Donne che corrono con i lupi, il capolavoro scritto nel 1993.

Per creare rapporti simili, agli uomini occorrono riti e promesse; ne sanno qualcosa le persone che hanno tentato di sciogliere un matrimonio o una società. La volubilità umana, frutto probabilmente anche della durata della sua vita, ha molto da imparare dal comportamento animale. L’animale si affeziona e non tradisce. Le persone in modalità gemellare, che manifestano la propria emotività nel pieno della sindrome del gemello che resta, traggono speciale giovamento dal legame con il fedele compagno.

Poiché è proprio la paura di essere abbandonati il timore più grande di chi soffre in gemellarità disintegrata, poter vivere in compagnia di un cane, benché condizioni pesantemente i ritmi di vita, è una condizione rassicurante. Il rapporto con l’animale è davvero un legame che dura finché morte non ci separi.

Spesso si adotta un animale domestico per compensare un vuoto: la misura dell’animale scelto è direttamente proporzionale al vuoto da compensare, e quando gli adulti si lamentano di doversi far carico delle incombenze legate alla nutrizione e alle cure igienico sanitarie necessarie, convinti che sarebbero stati aiutati dai figli per i quali si è scelto di prendere l’animale (si tratta spesso del cane) va sottolineato che in realtà colui che acconsente all’adozione è fra tutti la persona che più deve compensare qualche mancanza interiore, e pertanto sarà colui che si farà carico della gestione del nuovo amico di famiglia, da cui verrà scelto, in cambio, come unico padrone.

Sono numerosi i casi in cui si prende un animale domestico a compensazione di un aborto volontario o spontaneo, dichiarato o censurato; spesso avviene in famiglie dove ci sono altri figli, e quando la scelta è condivisa da una coppia senza prole il rumore della scelta dichiara, solitamente, di un figlio mai nato o di un figlio che fisiologicamente si è allontanato dal nucleo originario per costruire la propria vita. L’animale domestico rende coeso il gruppo, funge da legante e dispensa per ogni membro della famiglia un comportamento differente; si costruiscono veri e propri giochi di ruolo: i veterinari specializzati nell’addestramento e nella terapia dei cani più difficili, quando il rapporto cane padrone mostra ostacoli, operano una vera e propria lettura del disegno familiare e spesse volte a essere corretti sono i comportamenti del padrone.

L’ingresso in casa dell’animale domestico colma vuoti e la sua presenza è terapeutica, lo testimoniano anche scienziati come Lori Kogan, professoressa al College of Veterinary Medicine and Biomedical Sciences alla Colorado State University, editor di The Human-Animal Interaction Bulletin, la pubblicazione della American Psychological Association dedicata all’argomento.

Studi a sostegno di queste tesi si stanno diffondendo a macchia d’olio: negli ultimi dieci anni circa, equipe svedesi, finlandesi, brasiliane, tedesche, sudamericane, sudafricane raccontano di animali utilizzati proprio per il benessere dell’uomo poiché, come testimoniano le analisi dei numerosi rapporti clinici raccolti: l’animale riesce a scatenare la produzione di ossitocina, l’ormone dell’amore, e viceversa, permettendo alla coppia uomo animale di vivere l’estasi affettiva che esiste fra madre e figlio.

Questa sostanza stimola l’empatia e la fiducia verso il prossimo, modula la nostra vita relazionale e ci sostiene nel riconoscere la necessità di provare affetto e conforto nella relazione con l’altro.

Al Johns Hopkins Hospital a Baltimora, i cani da terapia sono stati ammessi in diversi dipartimenti, compreso quello di terapia intensiva, come forma di intervento ‘non-farmacologico’. L’ospedale ha potuto così ridurre il numero di pazienti sedati, per tenerli svegli e attivi perché potessero interagire con gli animali, spiega Magan Hosey, psicologa specializzanda in riabilitazione all’interno dell’ospedale.

“Quando i pazienti sono vigili hanno bisogno di maggiori attenzioni” spiega Hosey. “Abbiamo osservato che i pazienti traggono beneficio dalla presenza degli animali. Sono infatti più motivati a fare una passeggiata con loro o premiarli con un dolcetto, e così facendo trovano uno scopo alla loro giornata e migliorano l’umore.”

Secondo Hosey i cani addestrati mantengono un umore costante e sempre alto che aiuta le persone con disturbi depressivi a trovare un equilibrio.

Semplicemente, le persone depresse si sentono meno sole e hanno qualcosa su cui concentrarsi che non sia solo la loro patologia.

Una simpatica curiosità arriva dalla compagnia aerea American Airlines, che mostra una divertente lista di richiesta di imbarco di “animali da accompagnamento per disabili” che vantano un certificato redatto dal veterinario e validato dal medico. In questa lista compaiono furetti, capre, ricci, pony, oltre ovviamente ai tanto amati cani e gatti. Resta da decidere quali siano le disabilità accettate e quali gli animali ammessi a bordo.

Lo sfoltimento delle famiglie ha spostato il ruolo del cane da fuori a dentro la famiglia. Insomma, negli anni il cane è passato dal cortile al letto di casa, transitando per il salotto. Sempre più persone dichiarano di dormire con il cane o con il gatto appoggiato sui piedi, molti animali dormono sotto le lenzuola, e molti dei loro padroni li vestono con abitini come fossero umani.

È chiaro che attraverso questi gesti, che possono parere ridicoli per alcuni, si stia manifestando una modalità compensatoria. Il padrone parla al cane come fosse un umano, e sempre più spesso si sente dire che i cani siano meglio delle persone. La gemellarità uomo animale è senza guinzaglio, e sarebbe magnifico poter arrivare a esprimersi alla stessa maniera parlando delle relazioni umane.

            Analizziamo questo speciale rapporto uomo animale da un altro punto di osservazione: quello dell’animale.

Omero, nell’Odissea, disegna un ritratto davvero suggestivo a proposito di Argo il vecchio cane da caccia di Ulisse:

“Così dicean tra lor, quando Argo, il cane, 
Ch’ivi giacea, del pazïente Ulisse, 
La testa, ed ambo sollevò gli orecchi. 
Nutrillo un giorno di sua man l’eroe, 
Ma còrne, spinto dal suo fato a Troia,

Poco frutto poté. Bensì condurlo 
Contra i lepri, ed i cervi, e le silvestri 
Capre solea la gioventù robusta.

Negletto allor giacea nel molto fimo

Di muli e buoi sparso alle porte innanzi,

Finché i poderi a fecondar d’Ulisse 
Nel togliessero i servi. Ivi il buon cane, 
Di turpi zecche pien, corcato stava.

Com’egli vide il suo signor più presso, 
E, benché tra quei cenci, il riconobbe,

Squassò la coda festeggiando, ed ambe 
Le orecchie, che drizzate avea da prima,

Cader lasciò; ma incontro al suo signore

Muover, siccome un dì, gli fu disdetto. 
Ulisse, riguardatolo, s’asterse 
Con man furtiva dalla guancia il pianto, 
Celandosi da Eumeo, cui disse tosto:

Eumeo, quale stupor! Nel fimo giace

Cotesto, che a me par cane sì bello.

Ma non so se del pari ei fu veloce, 
O nulla valse, come quei da mensa

Cui nutron per bellezza i lor padroni. 
E tu così gli rispondesti, Eumeo: 
Del mio Re lungi morto è questo il cane.

Se tal fosse di corpo e d’atti, quale 
Lasciollo, a Troia veleggiando, Ulisse,

Sì veloce a vederlo e sì gagliardo, 
Gran maraviglia ne trarresti: fiera 
Non adocchiava, che del folto bosco 
Gli fuggisse nel fondo, e la cui traccia

Perdesse mai. Or l’infortunio ei sente. 
Perì d’Itaca lunge il suo padrone,

Né più curan di lui le pigre ancelle: 
Ché pochi dì stanno in cervello i servi, 
Quando il padrone lor più non impera. 
L’onniveggente di Saturno figlio 
Mezza toglie ad un uom la sua virtude, 
Come sopra gli giunga il dì servile. 
Ciò detto, il piè nel sontuoso albergo 
Mise, e avviossi drittamente ai Proci; 
Ed Argo, il fido can, poscia che visto 
Ebbe dopo dieci anni e dieci Ulisse, 
gli occhi nel sonno della morte chiuse.”

Odissea, XVII, 290-397

Omero narra di Argo e del suo vecchio cuore che non resiste all’emozione quando rivede il suo padrone: ormai vecchio, disteso su cumuli di letame di muli e buoi, dinanzi alla soglia di casa, tormentato dalle zecche, riconosce subito Ulisse, dopo averlo lungamente atteso. Nonostante la prolungata assenza, agita la coda, abbassa le orecchie, non avendo la forza di avvicinarsi a lui eppur riconoscendolo. Argo allora viene preso dalle braccia della morte per sempre, dopo essere riuscito a rivedere il suo padrone dopo vent’anni.

Ulisse si asciuga di nascosto una lacrima, l’unica che versa in tutto il suo ritorno.

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e IL GEMELLO CHE NON NASCE con Flavia Coffari

 CATERINA CIVALLERO Consulente alimentare, facilitatrice in Psicogenealogia junghiana, scrittrice

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